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Il Cubismo spiegato dalla fisica



Published
14/12/2020

Category
Essay

Bibliography
C. Rovelli, Helgoland, Adelphi, 2020




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Sin dagli anni del liceo sono sempre stata affascinanta dall’affresco di Raffaello intitolato La scuola di Atene (1509 -1511). Una celebrazione dell’uomo, della sua mente e delle sua anima, una sintesi perfetta degli ideali antropocentrici rinascimentali: l’uomo, al centro dell’universo, che domina la realtà attraverso le sue capacità intellettuali.  
Dipinta da Raffaello Sanzio, l’opera ancora oggi è conservata nella Stanza della Segnatura, una delle quattro Stanze Vaticane all’interno dei Palazzi Apostolici in Vaticano.
L’affresco è popolato dai più celebri filosofi e matematici dell'antichità intenti nel dialogare tra loro, all'interno di un immaginario edificio classico, rappresentato da un perfetto impianto prospettico.
Tema centrale è la facoltà dell’anima di conoscere il Vero, - cioè il mondo e il significato della realtà - attraverso lo studio della scienza e della filosofia. Al centro dell’impianto compositivo si trovano le due figure pricipali: i filosofi Platone e Aristotele. Intorno a loro i personaggi, disposti secondo una rigorosa geometria, simboleggiano l’ordine del mondo intelletuale e divino. Grammatica, aritmetica, musica, geometria, astronomia, retorica, dialettica, scienze naturali, filosofia e arti visive sono  rappresentate dai loro più grandi esponenti e celebrate parimenti in quest’opera. 
La modernità senza tempo del messaggio raffaelliano è certamente il riconoscimento di un necessario ed essenziale dialogo tra le varie discipline umanistiche e scientifiche, in un mutuo scambio, per aiutare l’uomo nel comprendere l’essenza e il significato della realtà che lo circonda.   

Nei secoli a venire, in diverse occasioni, le scoperte scientifiche hanno influenzato le rappresentazioni artistiche e i pensieri filosofici aiutato gli uomini di scienza a osservare la natura da altri punti di vista. Ne è un’esempio l’intera vita di Leonardo da Vinci o il filosofo Ludwig Andreas Feuerbach che introdusse nel 1850 l’opera Dell’Alimentazione. Il Trattato Popolare del medico nutrizionista Jacob Moleschott - solo per citare alcuni esempi tra i più noti.
Nel 1925, il giovane scienziato Werner Heisenberg, spalancò al mondo le porte della fisica quantistica. Come spiega lo scienziato e scrittore Carlo Rovelli nel suo ultimo libro Helgoland, nel corso del Novecento, le regole della fisica quantistica ci hanno svelato che la realtà che noi conosciamo è una frantumazione di punti di vista, una moltiplicità di prospettive. In quegli stessi anni gli artisti Braque e Picasso producono le loro opere cubiste, dando vita ad una delle correnti artistiche più significative negli stessi anni in cui matura la teoria dei quanti. «Cubismo e teoria dei quanti - scrive Rovelli - si allontanano entrambi dall’idea che il mondo sia rappresentabile in maniera figurativa. I quadri cubisti spesso sovrappongono immagini inconciliabili di un’oggetto o di una persona, presi da punti di vista diversi. Similmente, la teoria dei quanti riconosce come misure di proprietà diverse di uno stesso oggetto fisico possano non essere conciliabili». Dal Cubismo la fisica dei quanti prende in prestito anche il nome, utilizzando la parola q-bismo per indicare la rinuncia della scienza ad un’immagine realistica del mondo al di là di ciò che vediamo o misuriamo. Il q-bismo in fisica identifica solo ciò che possiamo osservare, togliendo di mezzo predizioni di ciò che non è osservabile. 
Nei primi anni del Novecento, la teoria dei quanti stravolge l’idea materilistica della natura a favore di una natura fatta di relazioni. Da quel preciso momento l’intera cultura europea «non pensa più di poter rappresentare il mondo in modo semplice e completo. In Italia ad esempio, fra il 1909 e il 1925, gli anni durante i quali si sviluppa la teoria dei quanti, Luigi Pirandello scrive Uno, nessuno e centomila, che parla della frantumazione della realtà dal punto di vista di diversi osservatori». 

Oggi la fisica quantistica è alla base di qualsiasi tecnologia moderna. La scienza, e più in generale le discipline scientifiche, hanno un ruolo predominante nella nostra società e pensiamo spesso al futuro in funzione ad uno sviluppo tecnologico. I computer, gli smartphone, internet e le intelligenze artificiali hanno notevolmente contribuito ad un rilevante miglioramento della vita degli uomini, mentre l’arte sembra essere una chimera accessibile solo a pochi privilegiati che posseggono, come sacerdoti, gli strumenti di lettura. Negli ultimi mesi, con lo scoppio della pandemia da Covid-19, la scienza ha assunto un ruolo fondamentale come mai prima nella storia dell’uomo, arrivando anche lì, nel cuore della speranza delle persone dove prima risideva dio.  
L’arte in questo momento di sospensione è rimasta in disparte, a guardare, in attesa.
Alla fine di questo lungo periodo, dovremo riprendere confidenza con l’arte, reintegrarla nelle nostra quotidianità, imparare ad osservarla e a confrontarci con lei di nuovo, ridarle un ruolo all’interno della nostra vita.
Come ci ha indicato Raffaello nei primi anni del Cinquecento, una soluzione potremmo trovarla nel dialogo e nel confronto con la scienza. La fisica quantistica ci spiega che le proprietà di un elemento sono il modo in cui esso agisce su altri oggetti. Gli elementi esistono solo nel momento in cui entrano in relazione con un secondo elemento, un terzo, un quarto ..., dove «queste proprietà, non vivono negli oggetti ma sono i ponti fra oggetti». Ciò che la fisica quantistica fa è osservare e studiare le relazioni della natura, di cui noi siamo parte, dove gli elementi sono i nodi, dando vita all’immagine di un mondo fisico come una rete infinita di relazioni.  

Applicando il messaggio raffaelliano del dialogo tra le varie discipline e l’idea, derivante dalla fisica quantistica ma anche dalla filosofia analitica e il realismo strutturale, che nulla ha esistenza in sè, tutto esiste solo in dipendenza da qualcos’altro, in relazione a qualcos’altro,  possiamo pensare, dunque, che queste leggi ci possano ispirare un nuovo o rinnovato rapporto con l’arte che della stessa natura fa parte? Potremmo considerare il fatto che la compiutezza di un’opera d’arte si manifesti solo quando entra in relazione con qualcuno che la osserva, rendendola tale?
Ed infine, possiamo credere, come per il q-bismo, che ciò che conta veramente è il momento in cui lo spettatore interagisce con un’opera, - di qualunque natura stilistica essa sia -, ovvero la relazione misurabile, l’atto di osservazione del soggetto osservante, senza andare a cercare in essa significati reconditi, complicate interpretazioni o emozioni astratte, che probabilmente hanno ispirato l’artista ma che non hanno nulla a che vedere con la fruizione da parte di uno spettatore?
La scienza e la sua descrizione del mondo fisico, può essere la chiave per ristabilire un nuovo ruolo dell’arte nella nostra quotidianità, rendendola più accessibile e democratica nel suo significato?




Raffaello Sanzio, La Scuola di Atene, 1509-1511, Città del Vaticano 


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