Barbara Probst. Poesia e Verità
Published
29/03/22
Artist
Barbara Probst
Social
Instagram
Where
Triennale Milano
23/03 - 22/05/22
Category
Exhibition
#photography
#exhibition
#BarbaraProbst
#TriennaleMilano
#journal!
29/03/22
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Barbara Probst
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23/03 - 22/05/22
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#photography
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Dalla comparsa dell’immagine fotografica e del cinema, nella seconda metà dell’Ottocento, il mondo e la nostra percezione di esso non è stata più la stessa. Questo divenne grande e frammentato, svelando luoghi esotici e lontani, espandendo e massificando il concetto di simultaneità. Ma non solo.
Nel libro Meglio ladro che fotografo (Bruno Mondadori 2007), Ando Gilardi, fotografo, teorico e storico della fotografia, affermava: «Per la gente comune la fotografia è brutalmente persuasiva [...] non ha bisogno di essere garantita da qualcuno, la garanzia che quello che mostra è “vero” è radicata nella nostra coscienza al punto da confondersi con la propria libera volontà. Nella fotografia si crede di credere “liberamente”».
Gilardi aveva compreso quanto l’invenzione della fotografia, e soprattutto del negativo, venne considerata erroneamente come uno strumento per produrre immagini ma piuttosto per consumarle, scuotendo dalla fondamenta quella comune proponsione, che ancora oggi persiste nonostante l’assoluta consapevolezza dell’ampio utilizzo di strumenti di manipolazione e taglio, a «credere ciecamente che le fotografie abbiano lo stesso significato delle cose da cui vengono prese».
La fotografa Barbara Probst con il suo lavoro, si allaccia involotariamente al pensiero di Gilardi, evidenziando di fatto come la fotografia sia il medium della parzialità per eccellenza. Le sue opere sono sempre composte da un gruppo di fotografie che appaiono misteriosamente connesse. Le immagini associate ritraggono lo stesso soggetto, nello stesso istante ma, con un sistema radiocomandato, l’artista scattando simultaneamente gli otturatori di diverse telecamere, lo ritrae da varie angolazioni e distanze. L’istante si frammenta e si dilata, moltiplicando i punti di vista e interrogando il ruolo del fotografo e quello dell’osservatore.
Questa sua modalità di ricerca, che mette in evidenza gli infiniti e possibili punti di vista sulla realtà, non fa altro che sottolineare la parzialità della fotografia e la sua totale inattendibilità nel racconto del reale, essendo al contrario libera interpretazione di un singolo punto di vista, quello del fotografo.
Nata a Monaco di Baviera nel 1964, Barbara Probst ha studiato scultura all’Accademia di Monaco e fotografia all’Accademia di Düsseldorf in Germania. Attualemente vive e lavora tra New York e Monaco. Il suo lavoro è stato presentato al MoMa di New York nel 2006 nell’ambito della mostra New Photography, e in numerose mostre personali, tra cui Le Bal a Parigi; Centre Pasquart di Bienne; Domaine de Kergu hennec di Bignan; Museum of Contemporary Photography di Chicago; National Museum of Photography di Copenhagen; Stills Gallery ad Edinburgo; Madison Museum of Contemporary Art; Oldenburger Kunstverein e il Rudolfinum di Praga. Il suo lavoro è presente nelle collezioni di numerosi musei, tra i quali il Folkwang Museum di Essen; Museum of Fine Arts di Houston; Los Angeles County Museum of Art; St dtische Galerie im Lenbachhaus di Monaco; MoMa e Whitney Museum di New York; National Gallery of Canada ad Ottawa; Centre Georges Pompidou a Parigi e il MoMa di San Francisco. Le case editrici Steidl, Hatje Cantz, Hartmann Books ed Éditions Xavier Barral hanno pubblicato monografie sul suo lavoro.
Nel libro Meglio ladro che fotografo (Bruno Mondadori 2007), Ando Gilardi, fotografo, teorico e storico della fotografia, affermava: «Per la gente comune la fotografia è brutalmente persuasiva [...] non ha bisogno di essere garantita da qualcuno, la garanzia che quello che mostra è “vero” è radicata nella nostra coscienza al punto da confondersi con la propria libera volontà. Nella fotografia si crede di credere “liberamente”».
Gilardi aveva compreso quanto l’invenzione della fotografia, e soprattutto del negativo, venne considerata erroneamente come uno strumento per produrre immagini ma piuttosto per consumarle, scuotendo dalla fondamenta quella comune proponsione, che ancora oggi persiste nonostante l’assoluta consapevolezza dell’ampio utilizzo di strumenti di manipolazione e taglio, a «credere ciecamente che le fotografie abbiano lo stesso significato delle cose da cui vengono prese».
La fotografa Barbara Probst con il suo lavoro, si allaccia involotariamente al pensiero di Gilardi, evidenziando di fatto come la fotografia sia il medium della parzialità per eccellenza. Le sue opere sono sempre composte da un gruppo di fotografie che appaiono misteriosamente connesse. Le immagini associate ritraggono lo stesso soggetto, nello stesso istante ma, con un sistema radiocomandato, l’artista scattando simultaneamente gli otturatori di diverse telecamere, lo ritrae da varie angolazioni e distanze. L’istante si frammenta e si dilata, moltiplicando i punti di vista e interrogando il ruolo del fotografo e quello dell’osservatore.
Questa sua modalità di ricerca, che mette in evidenza gli infiniti e possibili punti di vista sulla realtà, non fa altro che sottolineare la parzialità della fotografia e la sua totale inattendibilità nel racconto del reale, essendo al contrario libera interpretazione di un singolo punto di vista, quello del fotografo.
Nata a Monaco di Baviera nel 1964, Barbara Probst ha studiato scultura all’Accademia di Monaco e fotografia all’Accademia di Düsseldorf in Germania. Attualemente vive e lavora tra New York e Monaco. Il suo lavoro è stato presentato al MoMa di New York nel 2006 nell’ambito della mostra New Photography, e in numerose mostre personali, tra cui Le Bal a Parigi; Centre Pasquart di Bienne; Domaine de Kergu hennec di Bignan; Museum of Contemporary Photography di Chicago; National Museum of Photography di Copenhagen; Stills Gallery ad Edinburgo; Madison Museum of Contemporary Art; Oldenburger Kunstverein e il Rudolfinum di Praga. Il suo lavoro è presente nelle collezioni di numerosi musei, tra i quali il Folkwang Museum di Essen; Museum of Fine Arts di Houston; Los Angeles County Museum of Art; St dtische Galerie im Lenbachhaus di Monaco; MoMa e Whitney Museum di New York; National Gallery of Canada ad Ottawa; Centre Georges Pompidou a Parigi e il MoMa di San Francisco. Le case editrici Steidl, Hatje Cantz, Hartmann Books ed Éditions Xavier Barral hanno pubblicato monografie sul suo lavoro.






All exhibition images © Gianluca Di Ioia and © Barbara Probst
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